Questo seminario con Marco Ferrini si è svolto in un albergo molto comodo e in un bel posto, adatto anche alle persone più esigenti e meno propense alle ascesi.
Molti volti nuovi che spero si siano ben inseriti in un tema, questo sì, piuttosto “esigente”: il rapporto con la Divinità.
Il XII canto inizia con una domanda secca di Arjuna, alla quale segue un’articolata risposta di Krishna che non lascia spazio all’ambiguità: in questi shloka vengono descritte le qualità del devoto e il suo rapporto con Dio.
Potrà sembrare un dettaglio, ma per me è stata una luminosa conferma il fatto che Krishna suggerisca al suo discepolo/amico Arjuna di contemplare l’immanifesto nel manifesto.
Subito mi sono riecheggiate due opere fondanti non solo della letteratura italiana, ma dell’intera civiltà occidentale: il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi e il primo canto del Paradiso di Dante Alighieri.
… nullu homo ène dignu te mentovare.
Afferma Francesco, poi continua elencando il sole, la luna e le stelle, l’acqua e il fuoco, la terra, la capacità di perdonare degli esseri umani e, infine, la stessa morte, quali manifestazioni in cui l’homo può percepire e adorare la Divinità: Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate
et serviateli cun grande humilitate.. E’ esplicito e sottile Francesco, nella semplicità espressiva ricompone tutta la complessità dell’esistenza dell’uomo sulla Terra. Gli umani, possono capire Dio (l’Immanifesto, onnipresente e inconcepibile) dall’adorazione (e non uso “osservazione” di proposito perché nell’osservazione ci può essere distacco, nell’adorazione c’è relazione d’amore) del creato e delle creature, possono amare il “Fattore” nelle sue “fatture”.
Ma Fermiamoci un momento: quando noi amiamo una persona, o un cane, o un filare d’alberi, un tramonto, che cosa amiamo? Leggi tutto »Seminario d’autunno prima parte