L’insostenibile Vacuità del Male

Nell’adattamento cinematografico del primo episodio del “Signore degli Anelli” di J. R. R. Tolkien, Saruman spiega l’origine degli Uruk-hai, una razza di orchi potenziati “che riescono a correre sotto il sole, per quanto non lo amino”:
Tu sai come gli Orchi sono venuti al mondo? Erano Elfi, una volta. Catturati dai poteri oscuri, torturati  e mutilati. Una forma di vita rovinata e terribile. E ora, perfezionata. Miei lottatori Uruk-hai.
La geniale intuizione dello sceneggiatore narra l’irrealtà del male, leviatano dai piedi d’argilla. Ci dice che il male nasce dalla trasmutazione del bene nel suo negativo. Nel film la spirituale potenza elfica “torturata e mutilata”, si trasforma nel suo opposto, traendo il suo potere distruttivo dalla potenza creatrice del bene. Non è soltanto la fantasia di un grande spettacolo cinematografico, è anche la risposta dei testi sapienziali più autorevoli e sacri, come gli yogasutra di Patanjali e la Bhagavadgita, per limitarci alla sola tradizione dell’India classica, poiché una lettura attenta dei testi di altre tradizioni non andrebbero tanto lontano dal non dualismo orientale.
Nel XVI capitolo della Bhagavadgita, verso 7 si legge: “Le persone ottenebrate (asura) non sanno ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare. In loro non c’è né purezza (shaucam), né comportamento corretto (acarah), né veridicità (sayam).”
La radice dell’umana malignità deriva dunque dall’ignoranza tra fare e non fare, che non può essere appresa in modo autonomo, in quanto sarebbe filtrata dai condizionamenti familiari, sociali, ideologici, ecc. Il comportamento corretto (acarah) è l’affermazione positiva di qualità umane, elencate nei primi tre shloka dello stesso XVI capitolo: il male è la loro negazione, e il pessimo comportamento che ne deriva è la misura della loro mancanza.
Shaucam è un termine sanscrito che può indicare purezza interiore e pulizia esteriore che e come Satyam, verità, è un pilastro portante di ogni tradizione spirituale  (“Io sono la via, la verità e la vita”), sta alle fondamenta dello Yoga, è infatti il secondo dei cinque Yamah (astensioni) dopo ahimsa (non violenza). Ma il trattato sullo Yoga di Patanjali non si limita a definire le astensioni e le prescrizioni. Nel Sadhana Pada, il libro della pratica, già nei primi sutra, spiega con chiarezza che il terreno di coltura di ogni condizionamento, ovvero di ciò che distorce la mente umana verso il male, è avidya, la non conoscenza del proprio Sé spirituale, in termini filosofici dell’Essere, distratti come siamo dal mutevole mondo delle condizioni. Nel V sutra si legge:
“Avidya è percepire ciò che è impermanente come eterno, ciò che è impuro come puro, ciò che reca dolore come qualcosa che reca felicità e il sé in ciò che è diverso dal sé”.
Se riflettiamo “laicamente” su questo sutra, possiamo intravedere sul piano empirico come si manifestano i condizionamenti che portano a un comportamento non corretto, in definitiva al male. Non si tratta solo di non conoscenza, bensì di una conoscenza distorta che si sostituisce alla vera conoscenza ed in antitesi ad essa.
Per trasformare le naturali aspirazioni umane al bene, è necessario un duro, costante e intelligente lavoro da parte di quei “poteri oscuri” di cui parlava Tolkien. Se per ottenere il bene è necessario praticare una serie di virtù, tra le quali abbiamo visto primeggiare Satya (veridicità), per invertire la rotta verso l’oscurità bisogna espandere la menzogna. Le bugie però non attecchirebbero su un terreno intriso di Vidya (conoscenza del sé), poiché l’essere saprebbe facilmente discernere ciò che lo mantengono in uno stato di benessere e ciò che gli nuoce. Infatti, tanto più l’essere è condizionato, più facilmente cadrà nelle trappole ideologiche che distorcono la retta direzione dello spirito libero. E non è a caso che si parla di “spirito”, poiché la libertà non sta in ciò che muta continuamente, piuttosto è da ricercare in quel che è immobile ed eterno, insomma fuori dalle coordinate di spazio e tempo, semplificando, nell’interiorità dell’essere.
Scendiamo dalla filosofia a due esempi concreti.
Com’è potuto succedere che una potente leader degli ambientalisti europei, una volta diventata vice presidente del consiglio del più grande e industrializzato paese dell’UE, si sia trasformata nella più spietata necrofila e guerrafondaia dell’Europa Occidentale?
Con certezza posso affermare che, prima ancora della salvaguardia ambientale, il movimento e i partiti “verdi” europei, hanno sempre posto come prioritaria la pace tra i popoli: che natura vuoi proteggere se sponsorizzi la guerra e il militarismo, che sono il primo inquinatore dell’ambiente naturale e di quello psichico?
Eppure, in un breve lasso di tempo, abbiamo visto capitolare, insieme ai proclamatori della giustizia sociale, anche i paladini della natura e della pace all’ideologia green, che nella trasformazione da idealità a ideologia, ha capovolto l’ordine del discorso, trasformando il naturale desiderio dell’umanità di vivere in un ambiente sano, amichevole, rispettoso delle diversità e della concordia, in un micidiale intruglio di affarismo e neoliberismo anarco-imperialista, congelato in un blocco ideologico e dogmatico dove il dissenso è diventato una pericolosa eresia.
Anche l’uso alternato e strumentale della legittima e giustissima rivendicazione dei “diritti civili” e delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, hanno subìto identica manipolazione: non c’è cosa più penosa che osservare persone ingiustamente discriminate, farsi vampirizzare da chi di quelle discriminazioni importa un bel niente, ma le incoraggia e le finanzia perché strumentali a interessi completamente diversi.
Sembra che niente sia cambiato dal mito della caverna di Platone, in più dobbiamo metterci l’esorbitante capacità finanziaria e tecnica di chi detiene i mezzi d’informazione e della “cultura”, pietosamente allineati come non mai alla propaganda.
Quindi non c’è speranza?
Io credo che ce ne sia più adesso che prima, confusamente e disordinatamente, sicuramente in tempi non immediati e con tanta sofferenza da mettere in conto, ma vedo che molti stanno osservando le ombre per quel che sono, e mai c’è stato un tempo in cui sia stato così facile e urgente vedere la realtà oltre l’ombra.
Graziano Rinaldi

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