La mia lunga amicizia con Andrea è iniziata e si è srotolata lungo il tempo, nell’abbraccio paziente e lungimirante del nostro comune Maestro spirituale Matsyavatara Das. Ieri però, mentre carezzavo la mano smunta del mio amico e confratello, relegato in un letto di terapia intensiva, il nostro cuore ha registrato il punto più alto dell’umano, voltandosi verso il divino. L’altra mano di Andrea era fisicamente e metaforicamente “nelle mani” del nostro Maestro che sussurrava frasi antiche come il vento, le sue parole, difficili da accettare se fossero state di sola nuda voce, suonavano invece come un armonioso preludio di ciò che poi ha preso vita in questo mondo e nell’altro. Con voce esanime, col quel suo corpo adesso inutilmente possente, Andrea ha chiesto e ha ottenuto di diventare Aniruddha Das.
Una liturgia essenziale e inusuale, come “inusuale” è Andrea. Senza canti né fuoco sacro, ma con cuore puro, nella stessa sincerità della quale Andrea è un esempio talvolta scomodo. Dico questo perché Andrea è un vino che va bevuto schietto e non è facilmente tollerabile, mi scuso per la metafora forse non appropriata in ambiente vaishnava, ma proprio nella “inappropriatezza” di Andrea trovo il suo valore: non è infatti appropriato alla dilagante ipocrisia in cui siamo immersi, è anche inappropriato per i suoi clienti, ai quali non ha mai concesso sotterfugi giuridici o indulgenza, proponendo invece giustizia; è stato inappropriato anche coi colleghi dell’avvocatura e della magistratura e non per le sue bizzarrie esteriori, ma per la coerenza che ha avuto il coraggio di mantenere quando la quasi totalità del tribunale si è adeguata a leggi contro il dharma, o più semplicemente che cozzavano con la nostra Costituzione.
Ho visto in chat immagini che mi hanno commosso, specialmente quella di Prahalad Maharaj in braccio al suo gigantesco protettore Nirshinga deva, immagino invocassero la protezione dell’Avatara amato da Andrea, e anch’io lo invoco, ma i suoi clienti, gli ultimi della terra, sono certo che nella potenza fisica e umana di Andrea hanno riconosciuto Nirshinga deva stesso, e in lui hanno trovato molto più di un “gratuito patrocinio”. E’ in questa potenza che ho scorto il legame arcano tra Andrea e il nostro Maestro. So che anche questo paragone è inappropriato, me lo permetto perché non sminuisce affato il Maestro né soffia l’ego del nuovo Aniruddha Das: l’ispirazione della madre. Chi ha conosciuto la madre del Maestro, Ananda Vrindavana, ricorderà l’amore molto più che filiale tra i due, una relazione spirituale che a mio parere ha tanto potenziato un’anima già grande di per sè, un maestro, Ananda Vrindavana, al femminile, archetipo di accoglienza e d’Amore. Anche di Andrea mi ha sempre toccato la sua cura per l’anziana madre, e se l’imponenza fisica e dialettica di Andrea, qualche modalità “sbrigativa” nel liquidare l’interlocutore, insieme alla sua lucidità intellettuale e una cultura di ottimo livello, potrebbero ingannare sulla sua natura animica, la quale, a mio avviso, è inaspettatamente sostenuta da un femminino di cui vediamo l’effetto oggi che col corpo appeso all’anima da un filo sottilissimo, richiama una folta solidarietà e una fratellanza che accorre, col corpo e col cuore, al suo capezzale.
Non so se vedremo ancora Aniruddha alle iniziative del Maestro o al tempio di Villa Vrindavana a San Casciano mentre si diverte con le mucche insieme alla sua anziana madre, la mia certezza è che nell’assenza fisica, sentiremo più forte di prima la sua presenza.
Graziano Rinaldi
19 novembre 2024 (due giorni prima della dipartita del caro amico).