25 gennaio 1914
E’ freddo nelle trincee delle Fiandre, ma il cuore di francesi, inglesi e tedeschi, si scalda spingendo questi uomini, nemici fradici di morte, a uscire dalle loro putride tane per cantare insieme gli inni di Natale.
E’ un episodio realmente accaduto* tra i più commoventi che io conosca.
L’essere umano non è fatto per l’odio, questo non riescono a capirlo potenti del mondo, che tutte le volte ci si scornano dopo aver provocato un oceano di sofferenza.
Per mettere gli uni contro gli altri occorre un’ideologia, cioè la semplificazione degradata di un’idea, che di solito termina in “ismo”, adeguatamente pompata da una propaganda falsa e bugiarda, diabolica, nel senso etimologico del termine.
Le parole non mentono: “diavolo”, dal greco “diabàllo, significa separare, porre barriera, metaforicamente calunniare, “colui che crea, attraverso la menzogna, separazione, frattura e inimicizia tra uomo e Dio, tra uomo e uomo”. Nella nostra tradizione popolare il diavolo viene contrapposto all’acqua santa.
L’acqua è simbolo di unione, nell’acqua nasce la vita, la quale rimarrà sempre legata a questo elemento della materia.
Durante un inverno di cuori gelati com’è quello attuale, è urgente scegliere se stare nella divisione o nella vita, la cui legge è espressa dalla parola più violentata dal paleolitico ad oggi: amore.
All’opposto di ogni tradizione religiosa, ci hanno fatto intendere che ciò che regola la Natura è la prevalenza del più “adatto”: un ferro vecchio grondante sangue, un’ideologia creata dal colonialismo vittoriano che nel tempo del nichilismo qual è quello attuale, appare illusoriamente come una realtà naturale.
Oggi sappiamo che non la forza del più adatto, ma la coscienza che cresce in complessità e in devianza all’ordine apparentemente ferreo dello status quo, si afferma e vince sul vecchio.
E’ una speranza e una chiave per meglio intendere i termini libertà e amore, per vedere oltre la follia che ai più appare come normalità.
* “La tregua di Natale. Lettere dal fronte”. Ed. Lindau, Torino 2014.