L’emozione più profondamente radicata nell’essere, quella che smuove passioni travolgenti, è la paura, tra le diverse paure, ammalarsi e morire sono le più potenti e tengono in pugno ogni essere umano che nasca su questo pianeta.
Le confessioni religiose hanno cercato di dare un sollievo a questa voragine dell’animo umano, spesso usando subdolamente l’immenso potere che ne deriva per mantenere e accrescere la loro supremazia temporale.
Non so dire se ai tempi del covid, i media abbiano diffuso a piene mani la paura della morte per motivi commerciali o altro, sicuramente hanno rinforzato in modo esponenziale un sentimento che poteva essere gestito in modalità diverse e più ragionevoli. Quali ne siano le responsabilità, le radici del mondo che sta nascendo, sembrano essere immerse nella profondità di questa paura.
Tecnicamente è il regno del monopolio internazionale: poche oligarchie finanziarie di varie “etnie” che controllano l’economia e la vita di miliardi di persone.
Controllare socialmente una popolazione di quasi otto miliardi non è semplice, non era mai successo prima nella storia umana. Chi ha in mano le redini del mondo (tre fondi finanziari strettamente interconnessi, gestiscono un patrimonio più grande di tutta la ricchezza annualmente prodotta sul pianeta!) deve prevedere i comportamenti collettivi e, se possibile, indirizzarli.
Quali sono gli strumenti più efficienti per mettere in pratica questo controllo globale senza provocare pericolose (per chi detiene il potere) rivolte?
In certe parti del mondo dove ancora funziona, rozzamente lo si fa con la repressione violenta: bastonate, incarcerazioni arbitrarie, torture e assassini. Nei sistemi democratici la strategia deve muoversi su fili più sottili. La corda che meglio tiene legati i cittadini di uno stato democratico è… il marketing, una raffinata versione della vecchia “propaganda”.
Vediamo ora cosa i nostri governanti ci stanno vendendo come buono per noi e per la società.
Solo alcuni tra i tanti possibili esempi, ognuno dei quali presenta aspetti positivi che sono esaltati e posti in tale evidenza da oscurarne in parte o completamente i lati oscuri.
Smart working. La parola suona bene e da un punto di vista comunicativo è straordinaria, rimanda alla comodità di organizzare liberamente il proprio tempo. La realtà è spesso ben diversa, come sa chi è stato costretto a “lavorare da casa”, che infatti suona un po’ meno brillante che in inglese.
Associamo ora “lavoro da casa”, o da qualsiasi altro luogo a food delivery, ovvero la consegna dei pasti a domicilio. Infine, per brevità, mettiamoci una pratica già molto diffusa anche prima dell’epidemia, lo shopping on line.
Chi può dire che sia sbagliato effettuare una riunione on line invece che “in presenza”? Si risparmia tempo e non si provoca inquinamento spostandosi.
E’ così comodo farsi portare la cena a casa invece di cucinare!
Andare a fare acquisti è una perdita di tempo e non avrai mai la scelta che trovi in rete, con prezzi anche più convenienti, e ti arrivano il giorno dopo!
Non è così?
Il profilo umano che esce da questi semplici esempi, portato al limite, è che la persona, avvalendosi dell’intelligenza artificiale per organizzare e programmare ogni aspetto della propria vita, potrebbe non aver bisogno di alcuna relazione umana e sociale (anche l’assistenza medica potrà essere on line), così completamente indipendente, potrebbe anche non uscire mai di casa!
Libertà o schiavitù?
Quale suddito migliore di un post-cittadino dai comportamenti perfettamente e totalmente tracciabili?
Eccoci dunque passati dall’animale politico di Aristotele alla monade isolata nel cyberspazio.
Una società distopica composta da un’élite paranoide alla ricerca dell’onnipotenza e da una massa poco variegata di individui che credono di essere liberi in un mondo che, secondo loro, “non ha alternative”.
Adesso facciamo l’esercizio puramente teorico, di innestare questa distopia, come si fa col nesto per un albero da frutto, sull’emozione più devastante per l’essere umano: la paura di ammalarsi e di morire.
Per farla breve, mi pare di poter ragionevolmente concludere che sarebbe una miscela esplosiva, sia per la civiltà umana che per i singoli individui.
Se poi, tra le altre possibili, ci aggiungiamo due aggravanti di altissima probabilità, ovvero:
1. epidemie come questa, seppure ancora lontana dal terminare, ne avremo certamente altre, indipendentemente dal fatto che siano “naturali” o, se vuoi, “scappate” da uno degli innumerevoli laboratori, dove le migliori menti della biochimica e dell’ingegneria genetica sono impegnate al servizio dei dipartimenti militari e delle grandi aziende multinazionali.
2. Il convitato di pietra, alias riscaldamento globale, che esiste come esistono i tafani, anche se piacerebbe non ci fossero, se sarà gestito, com’è probabile, da personaggi che immaginano di essere statisti, quando invece sono soltanto guitti di grandi corporations cosmopolite, ebbene riusciranno a trasformare qualsiasi progetto di “green economy”, in un disastroso maneggio di soldi in favore di chi già ne ha anche troppi.
Questo non per scoraggiare o per rinnegare ciò che di utile deriva dall’uso del cyberspazio, al contrario per, umilmente, aiutare per quanto possibile a distinguere il grano dal loglio.
Graziano Rinaldi