Vita e Morte al tempo della Covid-19

matrix pillola rossa

Parola magica: “digitalizzazione”.
Che sembra quasi una cosa buona. Invece può diventare un incubo!
In pochi mesi siamo stati proiettati in una società auspicata a Cupertino, Silicon Valley, California, quartier generale di Google e Facebook, ma non richiesta dalle nostre parti, dove, nel bene e nel male, siamo i pronipoti di Dante e del Brunelleschi. Vogliamo veramente adeguarci agli standard di (in)civiltà delle grandi corporations nord americane della comunicazione planetaria?
Sembrava ci volessero decenni prima di trasformare le relazioni sociali in connessioni virtuali attraverso uno schermo retroilluminato, invece in pochi mesi, piegati dall’emergenza sanitaria, abbiamo dovuto convertirci a questa nuova liturgia.
Una vocina mi sussurra: “è comodo fare scuola o lavorare da casa, sempre collegati, lavorare da solo, senza la noia dei colleghi, addirittura da una spiaggia tropicale!”
A me pare che stiamo scambiando la comodità con l’umanità.
A breve avremo a che fare con un’infinità di congegni guidati da macchine (intelligenza artificiale iperconnessa), le auto senza guidatore per esempio sono già in circolazione. Col tempo non ci saranno più incidenti, poiché ogni auto è collegata con milioni di altre auto che si scambiano e sommano informazioni, vuoi mettere con un essere umano che impara dagli errori!
Sembra una bella prospettiva, però io ci vedo Matrix.
Mi spiego.
La vera ricchezza della nostra specie, ovvero le sane relazioni evolutive e amicali, stanno cedendo il passo ad un mondo umano autistico e solipsistico.
Vedrete che il fatto di chiudere scuole e università (senza giudizio sul provvedimento in sè, qui sto valutando quelle che a mio parere saranno le “conseguenze” e non le “intenzioni” dei provvedimenti) avrà conseguenze nefastissime che non si esauriranno con la scomparsa dell’epidemia.
Infatti la nostra scuola pubblica, fatto salvo l’impegno di tanti insegnanti, presidi e lavoratori, ai quali dobbiamo l’onore delle armi, per lo più era già da tempo in uno stato di disgrazia e d’abbandono, ingessata da “protocolli” che, come per la sanità, ricalcano in modo assurdo il modello dell’efficientismo para-aziendale.
Per non parlare della corruzione e del degrado di molte nostre università.
Molto probabilmente di questo passo sarebbe implosa anche senza l’epidemia. E’ anche probabile che gli studenti dovranno in futuro riorganizzarsi come avevano fatto i loro antichi predecessori che durante un luminoso medioevo, proprio nelle città italiane per primi “inventarono” le università, assoldando personaggi di cultura come loro insegnanti.
Luoghi dove fare esperienza, questa è la scuola, non spettrali video conferenze come ci prospetta la didattica a distanza.
La conoscenza è frutto d’amore appassionato, sete che si placa con formazione, non con informazioni. Come immaginare che un giovane possa formarsi senza lo scambio con i suoi coetanei e col suo insegnante, senza frequentare i seminari dove imparano a mettersi in gioco, a confrontarsi e ad approfondire.
E’ una mia fisima o ci si prospetta una grigia mediocrità pecoresca?
Con l’emergenza tante cose si stanno svelando.
Come l’incredibile facilità con la quale stiamo accettando di abbandonare i luoghi sacri delle vecchie democrazie occidentali, anch’esse, come la scuola, già in avanzato stato di disfacimento.
Saltati i sani “rituali” costituzionali, senz’altro già svuotati dalla sostituzione della passione per il servizio alla polis con l’ambizione rozza al potere e alla religione del denaro, pur tuttavia necessari per mantenere il fulcro della democrazia: la divisione tra i poteri legislativo ed esecutivo.
Abrogati dalla sera alla mattina diritti fondamentali dei cittadini come la libertà di muoversi, di riunirsi, di parlare insieme di cose private e pubbliche, diritti per i quali si sono immolate generazioni di patrioti e che sono la spina dorsale delle democrazie borghesi.
Si dirà: “dovevamo fare più veloce del virus”! Verissimo.
Ed è pure vero che la nostra Carta Costituzionale prevede lo stato d’eccezione, ma si devono porre dei limiti di tempo e di procedura, infatti se lo stato d’eccezione si protrae, la democrazia inevitabilmente (vorrei dire “tecnicamente”) si disintegra.
Cosa fare dunque per mitigare gli effetti sociali, psicologici ed economici di questa epidemia?
Oltre a quanto già scritto nel precedente post a proposito della medicina di comunità (“La città spaccata”), la mia opinione è che deve cessare la diffusione del panico a reti unificate per un’epidemia che in passato, con questi tassi di mortalità, sarebbe passata inosservata. E’ ora di parlare ad un pubblico adulto, non per slogan, non per autorità, non per suggestione, non per dividere, prima che sia troppo tardi.
Ovvero prima che le macchine sostituiscano ogni rapporto umano, prima che l’emergenza perpetua, col bisogno di sicurezza che essa stessa produce, si trasformi in una richiesta autoritaria.
La più sconvolgente delle rivelazioni e la chiave d’interpretazione del presente, è a mio avviso la pressante richiesta allo stato-leviatano di salvare ad ogni costo la vita biologica.
Certamente questo è un dovere sacrosanto di qualsiasi organizzazione sociale e tanto più dello stato occidentale moderno che proprio sulla sicurezza individuale e la preservazione della nuda vita è stato fondato. Questo imprinting è talmente forte che persino nella versione più assolutista, quella di di Thomas Hobbes, non prevedeva la pena di morte, poiché “solo Dio dispone della vita degli umani”, e siamo nella prima metà del 1600!
Dopo quattrocento anni nessuno pensa più (ma anche allora molti non lo pensavano) che la vita biologica sia vita tout court, il minimo sindacale concepito a tutte le latitudini è che l’essere umano è relazioni; il corpo, inteso come vita biologica, è lo strumento, ma quando diciamo “vita” intendiamo molto di più.
Col rispetto e la carità verso le persone che hanno subito direttamente o indirettamente l’esperienza di cui parlerò, mi permetto di associare la mera vita biologica a un corpo in stato comatoso, attaccato a una macchina che ossigena il sangue e fornisce i nutrienti.
Ricorda qualcosa vero?
Ebbene auguro a tutti noi di non dover scegliere tra pillola rossa e pillola blu.
Graziano Rinaldi

Rispondi