E’ stato grave aver chiamato il distanziamento “sociale”, anziché, ad esempio “fisico”, oppure “personale”, poiché le parole creano realtà molto più di quel che le persone comunemente immaginano. Tutti i grandi miti sociali si sono costruiti su parole, slogan, frasi, miti luminosi e miti tenebrosi sono nati dalle parole.
Se è vero com’è vero che la frammentazione è il nostro principale problema sociale e di psicologia individuale, stiamo andando a sbattere contro un muro gigantesco.
In nessuna altra epoca il pianeta ha conosciuto una tale quantità di esseri umani (quasi otto miliardi!) e, paradossalmente, mai l’individuo si è sentito così solo e sradicato.
Non so se e quanto potremo tornare indietro dal considerare l’altro, il cosiddetto “portatore sano”, come un potenziale untore.
Salvarsi la pelle è certamente di primaria importanza, la nostra identità però è data dal riconoscimento sociale, altro che “distanziamento sociale”, senza una “vicinanza sociale” l’essere umano si riduce a mera espressione naturale, citando Aristotele:
“chi non fa parte di una comunità… o è bestia o è Dio”.
C’è differenza tra mantenere un comportamento ragionevole e appropriato, come il non sostare in ambienti chiusi e affollati o non starnutire addosso a qualcuno, e vedere in giro persone confuse e terrorizzate da un’overdose d’informazione paranoica e contraddittoria, che come autentici bollettini di guerra riferisce quotidianamente il numero dei morti e dei “feriti” (positivi).
Bisogna dirlo che questa non è una guerra, chi usa un linguaggio bellico non fa un buon servizio al paese, infatti inquina l’ambiente con toni e parole depressive che esasperano, dividono, e in definitiva aggravano il problema sociale e la malattia stessa.
Il risultato di questo flusso ininterrotto di notizie, parole, numeri alla rinfusa non adeguatamente mediate da un ragionamento sulla loro interpretazione, ha creato ulteriori divisioni tra le persone, inaccettabili stigmi e furiose reazioni.
Non è un male che nella società ci siano opinioni diverse, anche contrapposte, infatti l’arte della politica non è schiacciare la dissidenza, quella si chiama in un altro modo, la civiltà politica da Machiavelli in poi, consiste nell’armonizzare i conflitti ad un livello superiore, evitando l’autodistruzione della città.
La paura è una difesa naturale, l’angoscia è un impedimento alla vita e un forte condizionamento psicologico per la maggioranza delle persone che i sociologi chiamano non a caso “masse”.
Chi avesse una qualche responsabilità, e tutti ce l’abbiamo, fosse pure di padre o di figlio, professionale o istituzionale, oggi dovrebbe invitare al ragionamento logico, ad una fredda interpretazione dei fatti e dei dati, alla valutazione delle cure esistenti e degli interessi economici e politici in gioco, senza lasciarsi travolgere dall’emotività, privi di ideologia e pregiudizi.
Allora vedremmo che più grave dell’epidemia, che prima o poi ci lascerà, è la disumanizzazione della vita sociale e individuale che invece, se non reagiamo con vigore e pace interiore, diventerà il nuovo modus vivendi di una società sempre più povera e degradata.
Graziano Rinaldi