La Miseria della Condizione Umana

                Si racconta che Gautama Siddharta, il Buddha storico, portasse i suoi discepoli ad osservare i non rari cadaveri di annegati in decomposizione che il Gange ogni tanto lasciava lungo le rive. Questa pratica aveva lo scopo di restituire ai seguaci, una visione realistica del corpo nel quale al momento si trovavano imprigionati.
Pur con tutta la mia ammirazione per il Buddha, trovo che il macabro non sia il verso giusto per affrontare la questione.
In questo senso l’inizio della Maitry Upanishad all’ultimo seminario con Marco Ferrini, non prometteva bene. Quella lunga descrizione iniziale del corpo umano come fetido ammasso di ossa, pelle, carne e altro di putrido che ha a che vedere con la parte materiale, così come collera, brama, ottundimento, timore e altro sul piano psicologico (il corpo sottile), mi ha riportato alla mente la lunga e ininterrotta tradizione di svalutazione del mondo, con la conseguente mortificazione del corpo che attraversa tutto il pensiero occidentale.
Una lettura interessante è “La miseria della condizione umana”, scritta alla fine del XII secolo da Lotario dei  Conti di Segni, che dopo pochi anni sarà eletto papa col nome di Innocenzo III.
Sono certo che molti critici radicali del sistema, di destra e di sinistra, troverebbero nelle potenti demistificazioni di Lotario, nel suo realismo pessimista, una forte ispirazione contro le sirene della contemporaneità. Giusto per ricordare la persona, Innocenzo III fu colui che consolidò il potere della Chiesa in un momento difficile (lotta per le investiture) con una politica spregiudicata e crudele (sterminio, denominato “crociata”, degli Albigesi), approvando le regole dei francescani e dei domenicani per contenere i dilaganti movimenti pauperistici ed eretici.
Non mi sorprende affatto che i promotori di utopie, i quali posticipano la “vera vita” in un aldilà spirituale o, nella versione secolarizzata, in una nuova umanità, siano capaci di comportarsi in modo così violento e cinico nel qui e ora!
Sono gli stessi che vivono la fede, religiosa o laica che sia,  come Lotario visse la crociata contro gli Albigesi: ferocemente spietato.
Ieri fu “Dio lo vuole”,  secolarizzato oggi è la “ragion di stato”, nel nome di una fraintesa “democrazia” che regalerà a tutti un luminoso benessere.
Quando sento svalutare il mondo e parlare di “nuova umanità”, drizzo le orecchie, perché ricordo che i più terribili regimi nati su questo pianeta avevano proprio queste premesse, mi sento invece più rilassato quando ascolto leader politici e religiosi interessati a migliorare le condizioni di “questo” mondo per dare le migliori opportunità a tutti gli esseri.
Lo svolgimento della Maitry Upanishad e soprattutto il commento e il dibattito di Marco Ferrini coi partecipanti al seminario, ha riportato la riflessione sul piano di un insegnamento di filosofia perenne qual è realmente questa upanishad.
Al centro del dibattere, più del corpo è stato il piacere che ad esso è collegato e alla sua gestione. Quando parliamo di “mondo esterno”, il primo che troviamo è proprio il corpo, quello psichico e quello fisico, dei quali la Maitry Upanishad ci restituisce una visione terza a cui il nostro essere (atman) è strettamente intrecciato. Se non c’è una buona relazione con entrambi, come può esserci una relazione corretta con gli altri e col mondo più in generale?
Una visione distorta delle relazioni e del mondo, dovuta a condizionamenti familiari, culturali e storici, segmenta e semplifica la realtà, inquinando le nostre più alte virtù, restringendo il campo visivo per poterlo meglio dominare, facendo infine prevalere non la nostra parte luminosa, ma quella egoica e conflittuale.
Da millenni il corpo è stato il campo di battaglia privilegiato, sul corpo e sul femminile hanno infierito legioni di ottenebrati e di moralisti, con l’unico risultato di creare dolore nella carne e sofferenza nell’animo.
A me pare che la conoscenza vedica, nella consapevolezza della strumentalità di tutta la materia (prakriti) alla realizzazione del “conosci te stesso”, insegni un approccio non duale, rispettoso, grato e di amichevole devozione al corpo e alla mente, per i quali fornisce preziosi suggerimenti e una precisa disciplina per la loro purificazione e salute, dall’Ashtanga Yoga all’Ayurveda. Il corpo, il mondo, il piacere, lungi dallo spaventarci, dovrebbero indurci alla “stupidità” di chi rimane stupefatto per tanta inesplicabile bellezza, perché è la paura che induce il bisogno di controllare e sottomettere, distruggendo la gioia e compromettendo ogni forma di realizzazione spirituale. Precisamente quello che per migliaia di anni hanno provocato religioni e imperi, nati, morti e riciclati come tutta la materia cui, nonostante le mistificazioni, in realtà appartenevano. Ma lo spirito rimane, rimane nelle spiritualità che non hanno paura del mondo e vi convivono col desiderio di dare e non di prendere, rimangono nel mondo laico con l’irrefrenabile aspirazione alla libertà e alla giustizia.
Graziano Rinaldi

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