2. Pedagogia e categorie concettuali nella Bhagavad Gita.

In questa seconda lezione Marco Ferrini tenta di costruire una griglia concettuale della BG definendo le principali categorie in cui inserire questo sapere, avvisando però che per sua stessa natura la BG non può essere incasellata in nessuna definizione preordinata. Definire delle categorie generali serve per orientare nello studio, per capire la pedagogia della BG che è diversa da quella corrente, in particolare Marco Ferrini si sofferma sull’apparente ripetizione di alcuni concetti, da considerare non come ripetitività, ma come strumento pedagogico che affronta a diversi livelli di coscienza gli stessi concetti.

Soprattutto ci viene ricordato che la metodologia della BG riguarda una modificazione del sentire, qui la conoscenza è intesa come trasformazione caratteriale, come evoluzione verso la re-integrazione col creato e col Creatore. C’è una teleologia che coinvolge ogni aspetto della vita umana: l’antropos di cui parla Marco Ferrini desidera, pensa e agisce all’interno di un “campo” che sfugge quasi totalmente alla comprensione dell’uomo contemporaneo, il Maestro ci avvisa che sta parlando di quel sistema di riferimento universale, della Legge che ordina e “discerne” il creato e le creature, il dharma, quel ritam vedico che mi piace percepire come “ritmo” che sottostà alla sinfonia dell’universo, lo stesso che nel sistema tolemaico è rappresentato dal suono e dalla luce delle sfere celesti di cui parla Platone e che accendono il desiderio di conoscenza di Dante mentre sale al primo cielo del Paradiso insieme a Beatrice.

Il percorso della conoscenza è dunque conoscenza del dharma, è la conoscenza dell’oscurità attraverso il lume dell’intelletto guidato, “collegato” al Sé, all’atman, e presuppone contemporaneamente eros e logos, passione e studio, abbandono e conoscenza, ma è più facile per i contemporanei partire dalla conoscenza, per questo le categorie aiutano a sistemare il sapere, ad ordinarlo per renderlo disponibile sia negli abissi esistenziali in cui talvolta la vita reale ci costringe, sia quando rivolgiamo lo sguardo verso l’alto.

Graziano Rinaldi

Divinità, umanità e natura.

di Marco Ferrini

Appunti  direttamente  dalla lezione a cura di Graziano Rinaldi

Seconda  lezione

02 aprile 2010 mattina

Per comprendere questo testo è necessario fare un discorso sul metodo. Prima di tutto definiremo le categorie quali macro contenitori nei quali inserire i contenuti più importanti che emergeranno da una serie di seminari in programma sulla BG. Ci occupiamo quindi di epistemologia, sulla traccia di Aristotele e Kant attraverso Cartesio. La BG è talmente oltre la comprensione umana che anche ricorrendo al metodo e quindi all’utilizzo di categorie, deborderà continuamente, perché la BG è molto di più di un manuale e certe affermazioni che sembrano ripetizioni non sono tali, sarebbe un errore crederlo, errore che fanno molti accademici. In realtà dopo aver spiegato alcuni concetti ad un certo livello, gli stessi vengono riproposti perché dopo che sono stati spiegati a quel livello si capiscono sotto un’altra luce, portano ad ulteriori riflessioni, ecco allora che vengono illustrati ulteriori argomenti, e alla luce di quella esperienza, che deve essere calata nella pratica quotidiana, producono i loro frutti maturi: nell’impatto col carattere ci sarà un nuovo modo di sentire oltre che di pensare e questi nuovi modi di sentire modificano il comportamento1. A noi interessa proprio il comportamento modificato, l’evoluzione, l’orientamento verso l’alto derivato dagli argomenti che tornano e ritornano non perchè siano ripetizioni, non perché siano più autori che hanno lavorato alla stessa opera e quindi hanno fatto un po’ di confusione, ma perché si tratta piuttosto di una riproposizione ad un livello più alto dello stesso concetto, ed è esattamente questo che ci forma: è una pedagogia perfetta, oltre didatticamente efficiente.

Il fascino non proviene dalla comprensione intellettuale del testo ma da ciò che noi accogliamo nella nostra vita quotidiana, da ciò che diventa parte costituzionale di noi e che va a reintegrare la personalità, risolvendo così un grande problema dell’uomo moderno, il quale soffre di scissione, di frammentazione, stenta a integrarsi, a percepirsi come un essere integrato, è per questo che è indispensabile percepire il creato non distinto dal Creatore e dalle creature, in noi questa triade deve diventare uno, ma non un uno solo intellettualmente, dobbiamo sentire anche un’onda emotiva, averne un riscontro, ciò che vediamo non deve essere percepito separato da noi. E’ la capacità di vedere tutto come uno, questo Uno è Dio.

Tutto il nostro destino2 si decide al momento della morte e non si può improvvisare lì per lì, avvicinarsi ad una scienza sacra non è casual. Se lasciamo il corpo con cose che abbiamo lasciato mal fatte, forse anche con dolori fisici, rimorsi, diventa difficilissimo avvicinarsi a quel momento cruciale in cui si decide in un colpo solo quello che abbiamo fatto della nostra vita. Aver creato un ordine in cui sistemare il nostro sapere, le conoscenze, le esperienze, rappresenta la cassaforte inossidabile della memoria a cui attingere, un “giardino della memoria” in cui abbiamo conservato il patrimonio iniziale della vita successiva.

L’uomo si è sempre interrogato non solo sull’origine, ma anche sul senso dell’universo; ecco perché ogni civiltà ha sviluppato una sua cosmogonia nelle sue due componenti: astrologia e astronomia che nel mondo antico non erano separate.

L’altro campo d’interesse è la fisiologia, a noi interessano tutte le creature, ma in questo caso ci occuperemo dell’uomo. Il corpo ci disturba se noi l’abbiamo maltrattato, ogni disturbo ci rallenta nella ricerca spirituale, quindi bisogna tenere bene il corpo non con lo spirito di perfezionismo, bensì con la consapevolezza che il corpo non sta assieme a lungo, però se noi impegniamo il corpo in maniera appropriata il viaggio sarà premiato con longevità e salute al fine di acquisire il sensum dell’esistenza.

Intrecciato con l’aspetto fisiologico c’è la nostra vita psicologica ed emozionale, essa non è disgiunta della fisiologia del corpo. Mens sana in corpore sano di Giovenale non significa affatto che la mente sta bene quando il corpo sta bene, significa piuttosto il contrario, l’integrazione tra psiché e soma è talmente su tutti i piani e in ogni momento! Anche nel sonno che non possiamo fare a meno di considerare attentamente.

Economia e sociologia. Senza collocazione nel comparto sociale manchiamo alla realizzazione della componente sociale dell’antropos. L’uomo non è  solo un individuo, è anche parte dell’umanità3 e ha bisogno di quell’interazione sociale.

La teologia, religione e spiritualità, un metodo essoterico che viene dall’esterno e può essere raccolto in modelli comportamentali insegnati, codici, riti, ciò che viene per ingiunzione dei testi, il comportamento non deve venire dai suggerimenti dell’io e dell’orgoglio, dalla mente,  ma dagli shastra, il comportamento il saggio lo prende dagli shastra4 ed è a questi che vuole conformarsi. Quindi la sociologia ha a che vedere con i comportamenti delle persone che anche in economia concorrono in maniera diversa. Riepilogando:

Cosmogonia (una filosofia sul cosmo) che divideremo in astronomia e astrologia;

fisiologia, emozionalità, psicologia, che comprende la scienza della salute;

economia e sociologia, l’organizzazione della società può produrre un’economia costruttiva o distruttiva;

teologia (religione e spiritualità).

Fisiologia inteso come discorso sugli organismi viventi, sui fenomeni naturali, qui ci sentiamo molto l’aristotelismo, il padre si Aristotele era un naturalista e quindi anche medico, al tempo più che scienza medica, invenzione recente basata sulla malattia, si trattava di una scienza basata sulla salute: rafforzando la salute sarebbe dovuto venir meno l’aspetto patologico.

Emozionalità, stato psichico affettivo e immediato che consiste nella reazione immediata, senza processi cognitivi ed elaborazione cosciente, opposta dall’organismo  a emozioni che generano un danno, l’organismo si comporta come se avesse una sua intelligenza, qui bisogna capire che quando parliamo di intelligenza intendiamo intelligenza del dharma, di quest’ordine cosmo-etico, in cui l’etica, il comportamento perfetto, è combinato con le strutture fisiche, ovvero il comportamento determina la struttura fisica, struttura fisica a livelli diversi di evoluzione legati a livelli comportamentali diversi, nell’elementare c’è minore evoluzione, nel complesso c’è maggiore evoluzione. La morte è in funzione di questo ordine, se l’aspetto strutturale, fisico non fosse legato a quello etico, non riusciremmo a capire perché si muore5. Ci sono dei meccanismi che scattano senza bisogno della nostra volontà, l’organizzazione della cosidetta materia è come informata da un ordine cosmico, c’è un’energia cosmica che continuamente ci pervade e ci resetta, le cellule oltre al moto proprio ricevono anche stimoli per vibrare come dovrebbero; le emozioni distruttive rovinano l’ordine, quelle costruttive lo rafforzano, qui sta l’origine della malattia e della salute. Questa era la visone cosmogonica dell’aspetto fisiologico, ma poi c’erano le influenze dei pianeti, influenze sottili, una metafisica, una realtà che sta oltre ciò che viene immediatamente percepito.

Tutto nasce nella psiche, il cervello è lo strumento col quale la psiche opera, e poi quello che succede è la proiezione di quel che sentiamo, di quello che pensiamo e dunque ci troviamo come abbiamo pensato. La capacità di “aggiustarsi” ci viene fornita dalla BG.

Psicologia letteralmente il significato di psicologia è ragionamento sull’anima (psiché), nel corso del tempo però ha subito molte trasformazioni, fino a “scienza della mente”, nella BG invece la mente è considerata un comparto della psiche. Nel sankia originario purusha e prakriti hanno la stessa origine (immanenza e trascendenza), nel mondo si incontra l’essenza del mondo, l’inpermanenza, l’instabilità, il non sussistere delle cose, il loro morire continuamente e rinascere a qualcos’altro: quando il purusha ha capito il mondo, si libera dal mondo, questa è la rinuncia in tutte le tradizioni. Dobbiamo capire cosa dura e cosa non dura, capire che ciò che inizia ha anche una fine.

Tutto è così collegato che non deve risultare bizzarro pensare che tutto ciò che ci accade sia connesso al nostro livello di coscienza. Tutte le nostre scelte sono determinate da un “campo” che noi non conosciamo, per questo ci ritroviamo con certe persone, in certe situazioni, con un certo… cane, non casualmente ma causalmente: noi siamo agiti da un “campo” che il più delle volte non conosciamo, perché con campo non viene inteso solo il corpo fisico, ma anche la psiche nelle sue componenti consce e inconsce: pensiamo a quanto sia riduttivo “curare” una persona solo nel suo aspetto fisico. Tutto è collegato a noi, nel bene e nel male, in ciò che ci fa evolvere e in ciò che ce lo impedisce, e la vita umana è un’opportunità straordinaria per rimetterci in gioco, gli altri esseri sono completamente agiti dalla Natura, fino a quando non acquisiranno un corpo umano. Attraverso la lampada del sapere6 si possono illuminare i lati oscuri, rimettendo mano alle nostre convinzioni e portarle ad avvicinarsi alla realtà fino a che siano parte integranti della stessa. A causa dell’irretimento della mente i jiva (BG XV, 7) sono costretti a lottare come in un incubo nel mondo della prakriti vedendo solo prakriti, solo materia, solo natura.

Domande

1.             L’innamoramento è una malattia della mente, allora perché l’innamoramento per Dio non è una malattia?

C’è confusione tra innamoramento e fenomeni erotici. Questa trasformazione emotiva ha a che vedere con eros piuttosto che con amore. L’amore si manifesta anche nell’eros, ma non è il sentimento di cui parlano gli scienziati nelle loro indagini. Bisogna capire che amore è oltre la fisiologia, vero è che l’eros non è mai privo d’amore, seppure quell’amore sia distorto, contaminato, anche nelle forme più distruttive (crudeltà del sadico, ecc.) si manifesta in manie a sfondo sessuale, ma se andiamo a vedere nel profondo si tratta di una disperata ricerca di amore che prende strade abnormi e si manifestano in forme perverse, è la perdita del possesso che induce atti persino criminali, l’amore c’è ma è adulterato.

2.         Cosa bisogna fare quando arriva l’urto delle emozioni?

Un pensiero non può reggere l’urto delle emozioni. Il pensiero può creare una strategia, ma poi l’emozione deve essere fermata da un’altra emozione, un’emozione costruttiva, edificante, che ci permetta di riacquisire la fiducia in noi stessi, non si può far fronte all’emozione solo con la razionalità, la migliore razionalità necessita infatti di assenza d’emozione, di chiarezza emotiva, serenità di mente, con l’emozione che urta noi non dobbiamo opporre all’emozione un ragionamento, il ragionamento deve servirci per preparare una strategia per combattere le emozioni. Quando arriva un pensiero, parola o comportamento disturbante di qualcuno, noi dobbiamo andare all’opposto e lì trovare un’emozione che in modo salutare possa assorbire o, meglio, rilanciare con un sentimento diverso (Sadana Pada 33). Per esempio, mai svalutare chi ci ha offeso, abbiamo il dovere di fare valutazioni, di comprendere e di farcene un’opinione, ma non di giudicare. Se una persona ci ha offeso è assolutamente da evitare di pensare alle azioni malevole della persona, bisogna invece pensare a ciò che ella ha fatto di genuinamente buono per noi, se crolla la gratitudine si è già aperto un baratro tra noi e gli altri. Se abbiamo fatto tesoro dell’esperienza non siamo costretti a ripartire da zero, possiamo ricostruire la nostra vita non sulle macerie ma su ciò che è sano, ritrovare il sano delle azioni sane condivise, delle emozioni, e quindi l’azione del momento viene ridotta a quello che è, evitando che si espanda nella nostra coscienza rappresentando il tutto: dobbiamo sempre contestualizzare prima di concettualizzare, certo non sarà più una realzione come prima ma è solo una parte dell’esperienza.

Le emozioni debbono essere contrapposte ad emozioni, se c’è un’emozione negativa bisogna trovare subito un’emozione positiva da fargli incontrare e le emozioni costruttive sono più potenti delle emozioni distruttive, diventano distruttive se trovano il vuoto, ma quando trova il pieno non funziona. La persona salda, stabile e consapevole, riesce ad assorbire urti anche violenti.

3.            Dharma e diritto naturale.

Il diritto naturale è una componente del dharma, non riguarda solo la giurisprudenza, il dharma è l’insieme di tutto lo scibile ma non è espresso in una sola disciplina, è espresso nel concetto di sistema7, di ordine, poiché tutte le parti dell’universo sono in relazione tra loro, ciò che governa tutte le componenti è il dharma, quindi il dharma è l’ordine delle cose, nella giurisprudenza, nella medicina, nell’arte, nella matematica. Il nostro comportamento non può essere basato su una valutazione soggettiva e relativa, ma dev’essere uniformato al dharma, altrimenti ci troviamo come un ramo tagliato dall’albero. Un comportamento dharmia è percepito e sentito in tutte le direzioni, anche se persone malvagie perseguiteranno le persone dharmia, gli ottenebrati infatti temono fortemente i portatori di dharma, per loro è qualcosa di “istintivo” l’opporsi al dharma, perchè il dharma pone loro di fronte ad un cambiamento di atteggiamento e chi è molto attaccato ai privilegi vedrà nei portatori di dharma i loro principali nemici. In sanscrito il più antico termine per dharma, in lingua vedica è ritam.  Il mondo è una manifestazione di Dio, questo mondo è il dizionario del mondo spirituale, il dharma è ciò che collega questo mondo, che ai materialisti appare fine a sé stesso, al Creatore.

4.         Come interpretare il sanatana dharma al di là della storia, come può il dharma prevedere crudeltà inaudite così naturali come il rapporto preda-predatori, i terremoti, ecc?

In Dio c’è tremendum e fascinans, ma non sono propriamente in Dio, perché tremendum e fascinans sono le proiezioni dell’uomo su Dio. Il bene e male è relativo ad un punto di vista limitato, individuale, quando diventa relativo al punto di vista del dharma non si trova più questo bene e male. Per interpretare ad esempio il rapporto prede-predatori ci vuole una visione del sistema di riferimento del dharma8 che rappresenta la globalità dell’evoluzione di tutte le specie. Questa organizzazione può creare blocchi emotivi nell’essere umano, perché non è finalizzata alla comprensione dell’uomo ma allo sviluppo e all’evoluzione di tutto il cosmo. Sul piano individuale certi fatti possono sconvolgerci, ma quale sia il reale interesse di quella persona non è limitato alle né può essere misurato con le nostre emozioni, a meno che non si sia sul piano del dharma, allora capiremmo che il vero saggio non si scompone per chi va e chi viene: il saggio si pone nell’ottica di capire il senso evolutivo di quello che succede. Questo ordine che funziona sotto tanti aspetti ben comprensibili, ben chiari, nonostante ci si continui ad interrogare su qualcosa che non ci dà ancora completamente un senso, ma che si intravede un senso… pensate se da un livello come quello di un cerbiatto la persona non ne uscisse più, rimarrebbe a brucare nei prati verdi e non ne uscirebbe più. Il fatto è che vi è un’organizzazione di eventi che imprimono sulla coscienza una determinata lezione, la gioia e il dolore apportano lezioni e a volte il dolore apporta una lezione più importante, più forte e più preziosa della gioia, a volte un abbandono ci fa crescere di più di quanto non cresceremmo in presenza di quella persona, a volte una malattia ci fa capire di più della salute. Quando guardiamo al leone che sbrana la gazzella, rischiamo di essere presi in quella istantanea emotiva, ma non comprendiamo la grandezza dell’universo, quante sfere sono in moto per dare l’opportunità di progredire ad ogni creatura senza che ci sia una forzatura. La risposta al perché una persona diventa una gazzella sarebbe infinita. Noi dobbiamo estendere la nostra comprensione ad aspetti molto più complessi nell’universo. Nel dharma ci rientrano morti considerate “ingiuste” e i miracoli, ma la natura si comporta in modo diverso in presenza di livelli di coscienza diversi, o persone differentemente motivate, le sensazioni sono diverse secondo i livelli di coscienza. E’ molto difficile stabilire cos’è il bene e il male, c’è un ordine molto più grande e a questo ordine bisogna far riferimento. I saggi modellano il loro comportamento sulla base delle scritture sacre, non sulla propria soggettività, perché se non fosse così ci sarebbe un conflitto interpersonale continuo. Se guardiamo oltre il fenomenico troviamo questa struttura che fa da matrice e da sorgente a tutto ciò che fluisce nel mondo del divenire.

Libere note di Graziano Rinaldi

  1. Idealismo letterale, che deriva dalla concezione per la quale la realtà da noi percepita è un percorso involutivo dal sottile al grossolano, dall’immanifesto all’immanente, aderente alla filosofia samkia
  2. Nel senso che la vita successiva sarà determinata dal corpo sottile (linga sharira) posseduto al momento della morte. Ovvero dai sentimenti e dalle convinzioni profonde che la persona intrattiene alla dipartita.
  3. L’uomo non è una monade isolata, un atomo che vibra solitario. L’essere umano, come ci spiegano le Upanishad, fa parte di un macrocosmo, così come di un contesto sociale, com’è previsto nel codice di Manu. Molti scienziati della psiche e del sociale si sono impegnati nello studio dell’apparente contraddizione tra individualismo esasperato e sistemi politici totalitari del  XX secolo, K.G. Jung, i sociologi della Scuola di Francoforte, W. Reich, E. Fromm, ecc. analisi e conclusioni molto diverse ma da tutte emerge una complessità dell’essere umano che, se decontestualizzato (costretto ad una vita dissacrata), è facile preda di modelli unilaterali che hanno provocato i disastri che la storia ci ha consegnato e continua a mostrarci.
  4. Qui sta la differenza tra sapere tradizionale e sapere moderno, quest’ultimo è nato in occidente proprio contro l’oscurantismo della religione, l’unica tradizione  di riferimento. Col tempo questo modello di pensiero, anche grazie alla costituzione di nuove classi di privilegiati, ha occupato spazi non di sua pertinenza, via via riducendo la complessità dell’esperienza umana in modo miserevole. Come succede alla persona che si sposta una volta troppo da un parte e, tentando di rimettersi in carreggiata, sbatte dall’altra, allo stesso modo ha proceduto, a mio avviso, la società e la politica dell’occidente.
  5. Qui sta l’originalità dell’induismo. Nella plausibile spiegazione, a tratti molto simile al percorso della scienza contemporanea, della reincarnazione. Aver legato l’aspetto naturalistico con quello etico in un processo finalizzato alla liberazione ed averlo così ampiamente e profondamente elaborato nella sruti e nella smriti, è ciò che l’esperienza spirituale indiana offre di più elevato all’intera umanità.
  6. Infatti la realizzazione non può avvenire senza conoscenza. Conoscenza in questo senso però è da intendere come percorso, perché quando la conoscenza diventa sapienza (vydia) allora si è già trasformata in qualcos’altro, ha già raggiunto l’obiettivo, perché la conoscenza realizzata è già liberazione; ma deve pur partire dalla consapevolezza razionale e questa è la luce che i maestri di tutte le tradizioni offrono a chi lo desidera (non a tutti).
  7. Meglio ordine che sistema, perché sistema è definito entro limiti a cui il dharma sembra non possa soggiacere, essendo espressione di una volontà inaccessibile e per definizione infinita, non indefinita.
  8. Qui la ragione deve cedere all’autorità spirituale ed affidarsi alla rivelazione e al maestro. Solo chi interpreta nella propria vita quotidiana un’autentica tradizione è autorizzato a decidere sul dharma e sull’adharma, poiché quando per le persone ordinarie è giorno per il saggio è notte e quando per il saggio è giorno per gli altri è notte, in questo consiste l’astoricità del dharma, che altrimenti sarebbe ridotto alle leggi, consuetudini e sistemi di regole sociali e scientifiche proprie di un certo periodo storico e/o di una qualche determinata civiltà. Il dharma non ha a che vedere col bene e col male comunemente inteso, e neanche con la morale, il dharma è trascendente e si cala nell’immanente attraverso coloro che nella gerarchia spirituale sono “collegati”. Concezione a mio avviso tanto grandiosa quanto pericolosa!

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