Seminario Estivo sul cap. XVII Bhagavadgita (1^ parte)

Questo seminario con Marco Ferrini che per una settimana, due volte al giorno, ha commentato il penultimo capitolo della Bhagavadgita, lasciando una buona metà del tempo per domande-risposte, era da consigliare a chi ancora pensa che la religione sia qualcosa da sacerdoti variamente incappucciati o da guru col crocchio di capelli raccolti sulla testa.

Il XVII capitolo ci ha riservato la gradevole, ma impegnativa sorpresa di una conoscenza così necessaria alla quotidianità che adesso pare molto singolare non averla considerata prima, che si tratti di un senatore della Repubblica o di un impiegato del Monte dei Paschi di Siena, che viva sugli altipiani del Tibet o nei pressi di Matera: quello di cui abbiamo dibattuto appartiene alla specie umana, con tutte le infinite colorazioni in cui quest’ultima si manifesta.

Tutto parte da una premessa che abbiamo sentito ripeterci nei sedici capitoli precedenti: ogni essere umano nasce diverso dall’altro, portando insieme ad un patrimonio genetico unico, un passato (anch’esso unico) da smaltire (karma) e delle colorazioni del carattere a lui peculiari che nella tradizione vedica sono chiamati guna.

Fino a qui niente di nuovo, se non il fatto che rispetto alla tradizione occidentale moderna, quella indiana, e più in generale “orientale”, pone maggiore attenzione al dato di partenza. E’ evidente che si nasce tutti diversi, nel corpo e nel temperamento, ma dopo il 1789 la cultura occidentale è scivolata da una legittima rivendicazione di  “uguaglianza d’opportunità di tutti i cittadini” ad una generica “uguaglianza” tout court. E’ altrettanto evidente che le caste non sono un’esclusiva dell’India, ma di questo, se qualcuno lo desidera, ne parliamo a parte.

Dai precedenti capitoli sappiamo che le infinite combinazioni dei tre guna sono i responsabili di queste differenze tra gli umani. I guna, per quel che mi riguarda, non sono così facili da individuare nel mondo della natura, ma rispetto al carattere umano sono categorie concettuali non così lontane dalle caratterizzazione dei tipi umani già descritti in occidente fin dall’antichità classica.

Sia in oriente che in occidente, che si accentui il dato di partenza o si ponga l’attenzione sul divenire storico, sempre è previsto in potenza l’intervento di una chiave che apre al cambiamento consapevole: il libero arbitrio.

Se dalla nascita non si può prescindere, la libertà è invece una conquista.

Di questo parla il XVII capitolo.

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