La malvagità nasce dalla non libertà.

(Seconda lezione di Marco Ferrini al seminario inverno 2010 all’isola d’Elba) In questa lezione Marco Ferrini commenta gli shloka da 15 a 19 del settimo capitolo della Bhagavadgita, dove si parla dei malvagi e dei virtuosi.
Agli esseri umani è certamente stata destinata una vita meravigliosa, ma estremamente impegnativa. Essi possono raggiungere vette di consapevolezza luminosa ed abissi di degrado inimmaginabili. Una delle caratteristiche cui ogni umano dovrebbe riferirsi in ogni desiderio, pensiero e azione è l’attenzione: ci vuole attenzione in ogni istante della nostra vita per capire in che misura il nostro cosiddetto “libero arbitrio” sia veramente libero. Tra gli innumerevoli ostacoli alla piena espressione della nostra libertà, un ruolo da protagonista, più ancora del karma, delle condizioni socio-storiche e familiari, dei geni, lo svolge la coppia attrazione/repulsione.
A differenza delle altre creature che non debbono porsi il problema morale, l’essere umano deve sempre ponderare quanto ciò che nasce nel suo cuore per concretizzarsi nell’azione sociale sia il risultato di una libera scelta oppure la coercizione di un condizionamento; in genere i parametri della morale, indicando ciò che è bene e ciò che è male, incanalano in un modo socialmente accettabile il pensiero e l’azione umana. Ma non basta, perché ogni società esprime valori legati alla sua specificità che poco hanno a che fare con un esercizio alto della propria libertà. E quante volte abbiamo tristemente constatato che la legge temporale o religiosa sia stata degradata a legittimazione di potenti “asura”?
Se applichiamo un’intensa attenzione all’attrazione che proviamo per qualcosa o qualcuno, se vagliamo con intelletto lucido i motivi per i quali qualcosa o qualcuno ci repelle, di solito ne uscirà una zona opaca della nostra mente nella quale si annida un desiderio alimentato da radici che affondano ancora più giù, in zone della psiche che difficilmente potremo esplorare senza la compagnia di un Virgilio che sia guida e maestro. Dante in Purgatorio ebbe il sogno della femmina balba, la quale gli appariva assolutamente attraente sia fisicamente che intellettualmente, sarà Virgilio a fargli scoprire quanto fosse insopportabilmente brutta ed incapace persino di articolare una frase sensata (balba significa balbuziente). Dante aveva proiettato su quella povera e repellente creatura suoi desideri, era, non a caso, una costruzione onirica, ma possedeva una capacità attrattiva enorme.
Certo appare più difficile spiegare come la repulsione possa provocare attaccamento, ma come spiegheremmo altrimenti i pregiudizi?
Noi umani dobbiamo continuamente, come fosse un esercizio di sopravvivenza, esplorare con attenzione ogni nostro desiderio, da dove nasce, perché, quali pensieri ha fatto insorgere in noi, quali conseguenze porterebbe nella nostra vita e in quella degli altri.
In questa lezione Marco Ferrini spiegando pochi, decisivi shloka del settimo capitolo, ci spiega quanto sia facile scivolare nel giudizio sommario, guidati dai meccanismi coatti della mente, ecco l’importanza cruciale di questi passi della Bhagavadgita dove lo scivolamento verso la prakriti, la materia, è il primo movimento nella zona centrifuga dell’ego, là dov’è facile perdere la sensibilità per il dolore degli altri ed incanalarsi nel buco nero della malvagità.
Da qui l’incessante invito a rimanere nel mondo ma dalla parte brahman, dalla parte dello spirito.
Graziano Rinaldi

Fede che pensa, fede che agisce, fede che ama.
di Marco Ferrini
APPUNTI DIRETTAMENTE DALLA LEZIONE A CURA DI GRAZIANO RINALDI

02.
31 dicembre mattina.
Seconda lezione di Marco Ferrini .

E’ di fondamentale importanza riconoscere dalle loro caratteristiche chi è dedito al male, bisogna capire con chi mettersi nelle imprese umane, con chi stare in compagnia e da chi rifuggire. E’ a causa degli attaccamenti che gli esseri umani distorcono, calcolano in maniera scorretta, attribuendo a qualcuno un’importanza che non ha o non riuscendo a riconoscerla quando c’è: sopravvalutano a causa degli attaccamenti e sottovalutano a causa della repulsione, chi ne è affetto sbaglia tutto nella vita.
La Gita non è solo un libro religioso, la Bhagavad Gita riguarda anche la dimensione dell’uomo nel e col mondo. Krishna si pone come origine di questo mondo e anche come origine dello spirito, in Dio insiste l’aspetto immanente di materia e trascendente di spirito. Tutte le volte che una persona esprime aspetti di materia tende verso il “mal fare” perché diventa incapace di trarne conclusioni evolutive, per un’attrazione egoistica, se una persona è malvagia lo è perché è egoista, la malvagità si struttura tutta sull’egoismo.
Nel 15° shloka Krishna usa tre termini per indicare i malvagi:
Mudah=stolti Fanno azioni dannose senza neanche accorgersene, orgogliosi e superbi. Possono essere anche molto eruditi, perché la cultura è ben poca cosa rispetto alla saggezza.
Nara-adamah=degradati non hanno più la sensibilità per distinguere quando stanno offendendo qualcuno, hanno perduto “il ben de l’intelletto”, la capacità di discernere. Essi guardano alla vita spirituale con un senso di schifo e alla gratificazione dei sensi con eccitamento, euforia.
Solo attraverso la disciplina è possibile ricostituire una sensibilità. Vi sono persone che se la prendono con loro stesse perché non riescono a lasciarsi andare da non sentire più pena per la degradazione. Ma la coscienza umana ha il senso del pudore ed è dal pudore che proviene il senso di colpa. Krishna qui spiega i bruti, coloro che hanno perso il senso del pudore.
Asuram=diabolici si chiama così un certo tipo di intelligenza. Sono persone oscurate nell’intelletto, sono persone che lavorano a distruggere, in qualsiasi situazione si trovino.
Quindi tre caratteristiche che si strutturano anche in una sola persona, persone stolte, a prescindere dal grado di istruzione; non avere sensibilità per la sofferenza degli altri o addirittura esserne contenti, ce ne sono di varia natura, nella perversione dei gusti il dolore degli altri può provocare piacere. La categoria completamente opposta sono i deva che pensano sempre a far felici gli altri, a come riattivare negli altri il processo evolutivo. Un sintomo di poca salute è la curiosità morbosa, l’interesse eccessivo alle cose che sono sporche, contaminate.
Dushkrtinah, i malfattori, sono presi dalla parte della prakriti, in loro risaltano l’aspetto tenebroso e quello passionevole-impulsivo della personalità. E’ sufficiente un’impressione per farli turbare, perché sono soggetti all’influenze di rajas e di tamas e sono poco sensibili a sattva. Queste persone non vanno in cerca di Dio perché sono così prese dalle ventate dell’impressioni che non hanno scorto l’essere supremo che è il motore supremo, il centro, la sostanza, dietro a tutte le apparenze, essendo incapaci di cogliere l’essenziale, l’aspetto del divino, loro corrono dietro alla ricerca di una ragione materiale a quel che succede.
Gli esseri umani sono molto impastati con la luce e con la tenebra, è necessario lavorarci.
Shl. 16. Le persone che s’innamorano di Dio sono di 4 tipi: coloro che sono caduti in disgrazia, che hanno avuto qualche dissesto nella salute, negli affetti, nei beni; coloro che vogliono raggiungere degli scopi; coloro che vogliono sapere, che hanno a cuore la conoscenza, che sono di natura curiosa, pieni d’interesse, e coloro che hanno la sapienza.
Queste 4 categorie sono, dice Krishna, quelli che vengono a me.
La nobiltà non consiste nel cadere nel disastro, ma nel rivolgersi a Dio in quella contingenza, allora questa persona diventa degna di considerazione da parte di Dio. Quando uno smarrisce la retta via se si rivolge a Dio viene ascoltato. La parola non è disgiunta dalla speranza, Krishna parla e la speranza si comincia ad accendere, la parola non è disgiunta dalla realtà.
Le persone dabbene quando sono nel momento del bisogno si rivolgono a Dio, quelli che hanno perduto qualcosa, beni materiali ma anche persone, insomma tutto ciò a cui i materialisti tengono particolarmente, beni, persone che in realtà non gli sono mai appartenuti.
La seconda categoria sono coloro che hanno molti interessi e si fanno interrogativi su ciò che li circonda, se si rivolgono a Dio, se ricercano una ragione spirituale in tutto ciò, saranno considerati benefattori (sukritinam), se queste domande se le pongono in termini spirituali, se ricercano una ragione spirituale, saranno sukritinam.
La terza è costituita da coloro che si rivolgono a Dio per avere qualcosa, essi pregano, ecco perché sono considerati benefattori, c’è un’illuminazione parziale in loro perché intuiscono che c’è un essere supremo in grado di soddisfare ogni desiderio, è un’intuizione che non è correlata allo studio intellettuale, la preghiera è uno strumento formidabile ma dipende dalla fede con cui queste persone si rivolgono alla divinità, non è il massimo della realizzazione spirituale, è parte della realizzazione spirituale, è comunque una caratteristica della natura divina.
La quarta è il saggio, colui che possiede la sapienza, sono le persone realizzate che vivono in intimità con Dio, sono ekabakti, (eka=uno bakti=amore) che hanno un unico amore per Dio, essi amano una sola cosa: Dio, sono grandi mistici, yogi realizzati.
Shl. 17. Colui che è sempre collegato a Dio con unico amore è il preferito di Krishna.
Non è in opposizione alle nostre potenzialità evolutive chiedere a Dio quello che ci manca, quel che si deve evitare è di chiedere privando altri, ma provvedere ai nostri bisogni non è contrario alla nostra potenzialità evolutiva, il malfattore è colui che lo fa a danno di altri. Se invece desideriamo approvvigionarci di ciò che ci serve e lo mettiamo a disposizione del bene nostro e del bene degli altri, questo ci porta pian piano ad un trend evolutivo, le persone scelgono in base agli attaccamenti e alle repulsioni. Le persone vanno viste per quel che sono, non in base agli attaccamenti, dire no all’ingiusto e si al giusto, se noi perdiamo la consapevolezza dello scopo dell’esistenza, della nostra evoluzione, ecco che tutto si confonde. Così i più stolti tra gli uomini si dimenticano che sono qui per fare un viaggio evolutivo. La consapevolezza ci porta a camminare in punta di piedi, a trattare tutti con rispetto ad essere favorevoli e amichevoli nei confronti di qualsiasi creatura, perché abbiamo da fare un viaggio evolutivo, altrimenti questa vita è valsa a nulla. La maggior parte dell’umanità nasce e muore come mosche, passa questa vita senza mai passare per una riflessione esistenziale, senza un dialogo con se stessi, si intruppano in religioni, partiti, aziende.
Shl. 18 Parliamo sempre di destinazione, non c’è modo di stare dove siamo, noi abbiamo sempre un trend, possiamo capirlo dalle proiezioni delle nostre immagini, dalle nostre riflessioni, dai sogni, dagli stati d’animo, ad esempio la gioia è un carattere distintivo del trend evolutivo, essere gioiosi, fiduciosi, ottimisti, avere fiducia che se operiamo bene c’è una potenza incontrastabile che ci sostiene. Nytia Yukta, sempre connessi al divino a ciò che opera all’interno di tutte le dinamiche al fine del loro sostentamento, alla loro evoluzione, la consapevolezza è il bene più grande, la consapevolezza di sé, della matrice divina, dell’essenza spirituale, questo è il bene più grande. Il jnani che è nitya yukta non ha da raggiungere niente perché è già in Dio e Dio è in lui.
Shl. 19. Chi vede tutto in Vasudeva è raro. Vasu=colui che è dentro, testimone, quando uno capisce che Dio è tutto, è ovunque. Questi passaggi permettono di dialogare con gli umani di qualsiasi fede, credere che tutto è in Dio e Dio è in tutto, poi che per esperienza personale o per ambiente sociale questo si manifesti in un modo o in un altro non fa parte delle fondamentali di Dio e ciò sgombra da tanti ostacoli.

Domande.
Relazione affettiva discrepante rispetto all’evoluzione spirituale.
Vecchio problema. E’ un problema gravido di molte conseguenze. A causa di scelte etico-religiose sono andate in pezzi famiglie, si sono guastate relazioni amicali, genitoriali, tra coniugi. Tutto ciò che disunisce non è evolutivo, ma neanche tutto ciò che unisce è evolutivo. Se le persone fossero consapevoli della propria natura, scelte, destinazione dopo la morte, allora non si metterebbero insieme a persone così disinteressante, ma a volte si costituiscono legami tra persone inconsapevoli e quando l’altro diventa consapevole l’altro è più facile che non sia pronta. E’ più facile cadere che elevarsi. Se la consapevolezza sta crescendo bisogna parlare sinceramente, dire cosa si vuole fare, se l’altra persona vuole bene allora in qualche misura acconsente, ma nella misura in cui vuole assecondare il suo tornaconto si ha la visione di chi è la persona con la quale forse ci sono cose in comune. Qualsiasi scelta successiva a questa considerazione va fatta con la massima ponderazione, quindi non si può concedere a scelte che contrastano con la propria evoluzione . Per il resto bisogna fare un piano di sganciamento, come si fa in un’azienda, capire gli aspetti della vita su cui c’è ancora da tollerare, pazienza e tolleranza sono due punti fondamentali su cui lavorare. Non si può fare subito quello che ci piace, la libertà è una conquista, non può essere conquistata da altri, pian piano è una conquista personale che non può essere persa perché sai cosa è costata. Le persone possono essere recuperate attraverso compassione e misericordia, se la persona tiene qualcosa di affettivo si può fare molto, se l’altro vede che non è uno svantaggio, un ostacolo nel suo stile di vita, fare in modo che l’altro valorizzi quello che stai facendo ma mai ponendolo fuori dalla portata di quello che può fare lui, come dire che se allungasse la mano potrebbe sfiorare anche lui, aiutando l’altro attraverso i suoi gusti a livelli di realtà sempre più concreti, per trarlo dall’inconsapevolezza alla consapevolezza. Senza mai privare nessuno della propria libertà.

A chi non crede la Gita può essere divulgata come libro direttamente emanato da Dio?
La fede non è qualcosa che c’è o non c’è. E’ un capitale così essenziale all’essere umano, vitale, è come quando si dice: “quello non ha anima!” non è che non ci sia l’anima, ma le malvagità compiute sono l’esito di distorsioni tra lui e l’anima, l’uomo moderno ha fede nel sesso, nel denaro, nel potere, ha distorto la fede gravemente. La fede c’è dipende dove si è dispersa. L’uomo è costituito di fede, dimmi qual’è la fede di un uomo e io ti dirò che persona è! Così dicono le uphanishad, purtroppo la fede è stata investita spesso in ciò per cui non vale la pena investire. La fede è stata dispersa, “convertiamo” quindi un pò di fede dal denaro dal sesso, ecc. e reinvestiamo ad esempio in Dio o, in termini più laici, in un trend più evolutivo.
La gratificazione dei sensi ad esempio. Si può vivere senza avere sensazioni di piacere? No, però del 99% si può farne al meno, quindi c’è molto da reinvestire in tutte quelle pratiche che a prescindere dalle comodità mi fanno evolvere e mi fanno provare gioia non più piacere, che è collegato all’esperienza fisica e mentale. La fede si può recuperare, al contrario di quello che succede per il denaro, il potere, ecc. L’uomo moderno ha la stessa fede dell’uomo antico solo che l’ha investita in modo diverso.
E’ il desiderio la molla magica della nostra vita, se desideriamo intensamente gli aspetti preziosi della nostra vita, essi si realizzano. Bisogna partire dalle Scritture, ma poi bisogna fare l’esperienza

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